Un’ ancora d’oro

Inizia un ann20190101_134532o nuovo, la luce è densa, si insinua fra gli alberi, sul sentiero gli abeti sono caduti e non c’è verso di salire il breve pendio. Unica alternativa è uscire dal tracciato e risalire fra le ramaglie. La terra è umida, impastata dalla bruma della notte, il miglior  modo per non graffiarsi è seguire le lievi tracce lasciate da qualche animale che serpeggiano rivelando passaggi liberi.

Mi ritrovo sulla giusta strada, breve salita, asfalto e nuovo sentiero che scende ad est, la meta è dentro il bosco, non ci sono sentieri ne indicazioni ma so esattamente dove andare. La memoria di giornate pumblee vagando per il bosco con il cuore inquieto mi portano direttamente al grande tronco riverso. Le sue forme sono ancora come qualche anno fa, forse ammorbidite dal muschio, un tronco dalle forme antropomorfe, riverso a guardare il cielo che traspare fra i rami.

Trovo il punto dove in un impeto solenne avevo sotterrato una scatola di carta a forma di cuore, la terra è soffice, piena di  nuove radici e non ci sono ostacoli, la scatola si è disciolta, ormai terra. Una leggera ansia lascia spazio all’esultanza, stringo fra le mani una piccola ancora d’oro. Una sorta di pegno lasciato in custodia alla terra. Memoria di un tempo dove era necessario ancorarsi al terreno per non rischiare di prendere il volo come il nonnetto di Up con i suoi palloncini.

E’ tempo di recuperare l’ancora, per scegliere quando fermarsi e prendere tempo prima di ripartire.

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